ANARPE al Salone del Libro di Torino 2021
“La centralità del libro tradizionale nella scuola e nella lettura”
Il libro cartaceo ha una sua forza che non gli fa temere confronti. È in grado di mantenere il suo ruolo e semmai accrescerlo anche rispetto alle novità telematiche nell’editoria. È quanto emerso dal convegno “La centralità del libro nella didattica e nella lettura” organizzato da Anarpe all’ultima edizione del Salone del Libro. Alla base di questa affermazione ci sono alcuni dati dell’approfondimento Istat su “Lettura e produzione di libri fra modalità tradizionali e nuovi supporti”.
Secondo Bologna, Caramis e Del Bufalo, autori delle analisi di approfondimento, l’offerta editoriale sta progressivamente integrando la produzione cartacea con quella digitale, ma nonostante questo la scelta dei consumatori si è orientata verso la versione cartacea soprattutto durante il lockdown, facendo registrare un’inversione lieve di tendenza in un mercato che registrava qualche cedimento.
Durante la fase di pandemia, la costrizione fra le mura domestiche ha spinto le persone ad aprire libri tradizionali, magari cogliendo al volo anche molte iniziative promosse dagli editori per spingere a una lettura a tutto tondo.
Il risultato è stato che nel 2020, il 73,6% dei lettori ha dichiarato di aver letto solo libri cartacei, mentre il 9,4% ha preferito solo e-book/libri online e il 16,3% ha utilizzato la doppia formula sia del cartaceo che dell’e-book/libro online o audiolibro. Le analisi hanno messo in risalto anche un altro aspetto fondamentale: un’integrazione fra le versioni tradizionali e quelle su nuovi supporti. Non si tratta dunque di una sfida nella scelta del libro tradizionale rispetto a un libro in versione telematica, ma di un nuovo modo di integrare la lettura.
L’interazione fra lettura classica e quella su nuovi strumenti si è registrata anche in ambito scolastico, con l’avvento della didattica a distanza. “La pandemia ha ulteriormente sottolineato l’importanza del libro di testo – ha affermato Paolo Tartaglino, presidente del gruppo Educativo di Associazione Italiana Editori – e nella maggior parte dei casi è stato l’unico strumento disponibile nelle famiglie durante la Dad. Dopo un primo iniziale periodo di assestamento anche organizzativo, i contenuti digitali integrativi a supporto dei testi hanno cominciato ad essere almeno considerati. In questi mesi gli editori hanno messo a disposizione gratuitamente sulle loro piattaforme circa due milioni di learning objects, (esercizi, videolezioni, filmati) utili ad integrare le lezioni e anche per le attività di verifica. Esiste un problema di formazione per i docenti che comunque hanno cominciato a inserire nella loro modalità didattica anche materiali digitali come videolezioni, PowerPoint, Google Moduli e via dicendo”.
Sulla necessità di formazione dei docenti ha convenuto anche Giacomo Pierantozzi, professore di lettere presso l’Istituto Tecnico “Sommeiller” di Torino, che ha lanciato una provocazione: “Può sembrare paradossale, ma se vogliamo tutelare il libro tradizionale sarà molto importante sconfiggere la paura e la diffidenza nei confronti del digitale. Credo che porre una sorta di veto al libro digitale e al digitale in genere può avere l’effetto dannoso di considerare il libro cartaceo una specie protetta, impermeabile alle novità e alle nuove generazioni che invece si nutrono di digitale. Occorre una formazione costante per gli insegnanti, che non devono apparire agli allievi nostalgici o diffidenti, e devono saper cogliere le innovazioni date dalla produzione creativa e critica per mezzo del digitale. Tuttavia, il libro tradizionale resiste soprattutto perché non c’è altro strumento altrettanto personalizzabile, oserei dire intimo, sul quale studiare. Resiste anche perché convive in parte con il libro digitale che, per quanti vantaggi prometta, non “sfonda” e non consente la stessa familiarità. Anche la corporeità del libro è importante: l’essere un volume. Fornire cioè una consistenza, un peso, una sensazione tattile e una sensazione visiva che a loro volta trasmettono un sapere. Stanno sparendo, invece, i diari di scuola, così come è sparito il registro sostituito dalla versione elettronica”.
La sostituzione di un documento amministrativo con la versione innovativa, come appunto il registro di classe, è un apripista anche per altri testi didattici? Come ha reagito la scuola nel complesso alla transizione dal cartaceo al digitale? Secondo Antonello Giannelli, presidente dell’Associazione nazionale dirigenti scolastici e alte professionalità della scuola, “La pandemia, nella sua tragica realtà, ha ‘costretto’ docenti e allievi all’uso massiccio degli strumenti di connessione digitale, con una serie di benefici ma anche di equivoci. Molti allievi sono “naturalmente” convenuti sugli strumenti digitali, essendo nativi digitali, mentre ha costretto anche i docenti più refrattari a “misurarsi” con applicativi – sincroni e asincroni – che, fino al giorno prima, non avrebbero mai immaginato di utilizzare. In generale la pandemia ha “sdoganato” l’uso delle ICT presso la classe docente. Di contro, si è ingenerata in alcune frange minoritarie una reazione di rigetto e di ribellione alle tecnologie, che ha portato alla considerazione della DAD come la sentina di tutti i mali, che nega la relazione educativa tra docente e allievo e appiattisce l’apprendimento in senso puramente trasmissivo. La nostra visione è che le ICT siano un supporto potentissimo all’apprendimento, al cui centro ci deve essere, non la carta o il digitale, un sano impianto didattico. Se esso è corretto, le ICT diventano un acceleratore positivo e potente, ma se è negativo, trascina con sé ciò che di buono quel percorso formativo può dare.”
Ma come afferma il presidente di Anarpe, Vincenzo Calò, “Non siamo a conoscenza di nessuno studio approfondito che dica che il digitale aiuti lo studente a migliorare o solo a velocizzare l’apprendimento. La percezione è quella che senza il libro cartaceo, il docente e lo studente si sentano spaesati. Il libro, come la ruota o il tavolo, per il momento, sembra insostituibile; resta comunque uno strumento ampliabile, approfondibile, ma insostituibile. D’altra parte, il nostro ruolo di agenti, rappresentanti e promotori editoriali è parte del “sistema scuola”. I docenti ci chiamano per avere, conoscere e capire la struttura del libro nella sua totalità. L’esigenza che abbiamo registrato in questo periodo è quella del rapporto in presenza con la scuola; ci siamo accorti che senza questo rapporto, il docente e quindi lo studente, rischia di non avere la possibilità di restare aggiornato con tutta la produzione, limitando così la conoscenza delle innovazioni nella didattica”.
Scarica qui l’allegato con tutte le statistiche.